Il Testo Unico sull’Imposta di Bollo (DPR 642/1972)stabilisce all’articolo 13 una regola generale: i documenti con i quali un soggetto dichiara di aver ricevuto un corrispettivo sono soggetti ad imposta quando l’ammontare del compenso – al lordo di eventuali ritenute – supera l’importo di 77,47 euro. Un esempio classico èquello delle ricevute rilasciate in seguito a prestazioni occasionali.
La marca da bollo da applicare in quest’ipotesi, per l’esattezza, èdi ammontare pari a € 1,81.
Il dubbio, perà², riguardava l’ipotesi delle quietanze rilasciate per il pagamento di operazioni sottoposte ad IVA. Come noto, infatti, i principi nazionali ed europei in materia tributaria vietano che una stessa fattispecie possa essere soggetta a doppia tassazione.
L’Agenzia ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai contribuenti perplessi: èstato chiarito che se il pagamento èinerente ad un’operazione regolarmente fatturata (o comunque documentata ai fini dell’IVA, per esempio con uno scontrino fiscale), non èrichiesto che la quietanza sconti l’imposta di bollo.
àˆ perಠrichiesto un adempimento: sulla quietanza occorre indicare che essa fa riferimento ad un’operazione sottoposta ad IVA. In questo modo qualunque eventuale funzionario eviterà di porsi il dubbio sulla liceità dell’assenza della marca da bollo.
Rimane infine da ricordare che, seppure nell’articolo si sia fatto riferimento all’espressione “marca da bolloâ€, che d’altronde èrimasta ancora oggi nell’uso corrente, in realtà da qualche anno le tradizionali marche sono state sostituite dai cosiddetti “contrassegni telematici†adesivi, la cui emissione da parte dei tabaccai e dagli intermediari autorizzati èimmediatamente verificabile dall’Agenzia delle Entrate.