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Riposi giornalieri per allattamento della madre

La legge riconosce alla madre lavoratrice durante il primo anno di vita del bambino, oppure in caso di adozione durante il primo anno di ingresso del bambino all’interno della famiglia adottiva, il diritto ad un riposo giornaliero della durata di due ore nel caso in cui l’orario di lavoro sia pari o superiore a 6 ore o a 1 ora nel caso in cui l’orario di lavoro sia inferiore a sei ore.

Tali ore si raddoppiano in caso di parto gemellare o plurimo e in caso di adozione di due o pi๠bambini, anche se entrati in famiglia in date diverse.

LAVORI VIETATI IN GRAVIDANZA

Il diritto ai riposi giornalieri per allattamento spetta alla madre lavoratrice dipendente, alla madre lavoratrice dipendente in distacco sindacale e alla madre impegnata a tempo pieno nelle attività  socialmente utili (LSU, LPU e ASU). Al contrario, invece, non spetta alla madre lavoratrice autonoma, alla colf, badante o lavoratrice domestica.

Nel periodo in cui la lavoratrice madre fruisce dei riposi giornalieri per allattamento le deve essere corrisposta dall’Inps un’indennità  pari alla retribuzione che avrebbe percepito se avesse normalmente svolto le ore lavorative oggetto del permesso. Tale indennità  decorre a partire dal giorno successivo ai 3 mesi dopo il parto (fine del congedo obbligatorio), viene anticipata dal datore di lavoro e successivamente posta a conguaglio con i contributi dovuti allo stesso istituto.

MATERNITà€ COLF E BADANTI

Per ottenere tali permessi la madre lavoratrice deve inoltrare apposita domanda al datore di lavoro, che a sua volta dovrà  attenersi alle disposizioni della circolare 134371/1981.

Dal punto di vista contributivo, per le ore di riposo giornaliero per allattamento vige il sistema dei contributi figurativi, il cui valore potrà  poi essere oggetto di integrazione da parte del soggetto interessato mediante riscatto o versamento di contributi volontari. Per quanto riguarda il calcolo, le modalità  sono quelle indicate dalla legge 53/2000, in particolare occorre sommare le ore fruite dal lavoratore nel periodo interessato e dividere tale valore per il numero delle ore settimanali di lavoro previste nel contratto, arrotondando per eccesso il risultato ottenuto.