Esiste perಠun’eccezione: l’inabilità non viene meno quando viene svolta un’attività lavorativa presso cooperative sociali o enti simili, la cui funzione sia terapeutica per l’handicappato (condizione da attestare da parte dei centri di riabilitazione), e purchè l’orario non sia superiore alle venticinque ore settimanali.
Ipotizziamo dunque che al momento della morte del “de cuius†sussistano uno o pi๠superstiti.
A seconda del loro grado di parentela e del loro numero complessivo, essi avranno diritto ad una pensione pari ad una fetta, pi๠o meno sostanziosa, della rendita percepita dal defunto (o che egli avrebbe percepito, in caso di pensione indiretta).
Per l’esattezza, èstabilito che in presenza fra i beneficiari del solo coniuge o di un solo figlio, il superstite avrà diritto rispettivamente al 60% e al 70% della pensione del defunto. In presenza sia del coniuge che di un figlio, oppure di due figli e nessun coniuge, la percentuale sarà dell’80%, da ripartire fra gli interessati.
In presenza del coniuge con due o pi๠figli, oppure di tre o pi๠figli e nessun coniuge, la pensione di reversibilità èdel 100%, ovviamente da ripartire fra i superstiti.
Infine, in assenza di coniugi e figli superstiti, la pensione andrà ai genitori, o, in loro assenza, ai fratelli e alle sorelle: in entrambi i casi, la percentuale da ripartire èpari appena al 15%.
Se mancano anche queste figure, nessuno beneficerà della reversibilità della pensione.