I motivi dello scarso appeal degli atenei italiani sono diversi.
Innanzitutto, èindispensabile richiedere e ottenere il permesso di soggiorno, con tutte le complicazioni burocratiche del caso; inoltre, al contrario dei pi๠prestigiosi atenei esteri, da noi le lezioni e i testi di studio sono quasi esclusivamente in italiano, lingua poco conosciuta all’estero e per di pi๠resa complicata dalle mille inflessioni dialettali; e gli impiegati agli sportelli che sappiano l’inglese sono un miraggio.
A tutto ciಠsi aggiungano i problemi ben noti anche agli studenti italiani (difficoltà a trovare alloggio, alto costo della vita, rarità delle borse di studio…) e si spiegano molte cose.
Per esempio, si spiega perchè gli studenti stranieri provengano soprattutto da Paesi pi๠vicini a noi geograficamente o i cui abitanti forse non potrebbero permettersi facilmente di studiare alla Sorbona o a Cambridge. Pi๠di diecimila, infatti, sono albanesi, cui seguono cinesi, rumeni e, a sorpresa, camerunensi. Solo una piccola parte di loro, intorno al 10%, ènata in Italia.
Molti di meno gli studenti che provengono da Paesi dotati di sistemi universitari superiori al nostro: 726 i francesi, 228 gli statunitensi, 165 i britannici. In controtendenza i tedeschi (ben 1.213), che hanno da sempre un debole per il Belpaese.
Alcune università riservano posti d’ingresso a studenti extracomunitari: ma solitamente gran parte di loro rimane vacante.
Per attirare un maggior numero di giovani brillanti nel nostro Paese, alcune nostre rappresentanze diplomatiche hanno attivato progetti specifici, come il “Marco Polo†in Cina per cercare tecnici e scienziati; ma al momento i frutti non abbondano.