Ogni volta che si vota per l’abolizione di una fabbrica o di un polo industriale, perchè non sono rispettati gli standard di sicurezza o non sono rispettati gli standard ambientali, èvero che si rischiano posti di lavoro ma ne va anche della salute del Paese e dei cittadini, nonchè di altre categorie di lavoratori. Ecco cosa ribadisce la CGIL.Â
Se le trivelle inquinano mettono a repentaglio l’ecologia del Paese e ammazzano anche altre categorie di lavoratori del mare, si pensi soltanto ai marittimi o ai balneatori. E non stiamo a parlare dei danni all’ambiente e dei danni per la salute dei cittadini. Chiudere le trivelle puಠcostare un buon numero di posti di lavoro, cosଠcome puಠcostare posti di lavoro e vita, tenerle ancora nei nostri mari. Il primo sindacato italiano che nella pi๠parte dei casi difende i diritti dei lavoratori dipendenti, forse trascura artigiani, commercianti e professionisti che affidano la propria impresa alle risorse del mare. Detto questo arriviamo comunque all’ascolto delle ragioni della CGIL:
“In un mondo attraversato dall’ombra della guerra e con il rischio di un coinvolgimento fortissimo dell’Italia, sarebbe un errore strategico, fatale per il nostro paese vietare l’estrazione di idrocarburi. Ci saranno imprese che chiuderanno i battenti” con “emigrazione verso altri lidi di frotte di ingegneri e di complesse infrastrutture tecnologiche e logistiche che rischiamo di perdere, insieme a migliaia di posti di lavoro dell’indotto, nelle quali primeggiamo perchè un lavoro che sappiamo fare, una volta tanto tra i primi nel mondo. E’ giusto affidare temi complessi come quello dei titoli concessori utili alle estrazioni di petrolio e di gas a uno strumento come il referendum? E’ legittimo – conclude il suo ragionamento il sindacalista della Cgil – diffondere il dubbio che l’Italia sia un paese nel quale, oggi per la burocrazia e domani per il costo dell’estrazione, non convenga investire perchè un Paese a legislazione emotiva e quindi èbene guardare fuori dal perimetro nazionale?”