Infatti, occorre sempre un certo periodo di tempo prima che un’azienda prima in buona salute vada in una situazione di crisi cosଠprofonda da dover tagliare posti di lavoro o, addirittura, a chiudere i battenti. Per i motivi inversi, passa del tempo prima che l’arrivo della ripresa porti ad un aumento dell’occupazione.
Se dunque tutti gli organismi economici internazionali assicurano che il peggio èalle spalle e che, sia pure lentamente, l’economia si sta avviando a tornare a girare, ancora per molti mesi il tasso di disoccupazione non potrà che aumentare.
L’OCSE ha provato a fare qualche stima di massima. Analizzando le situazioni complessive dei trenta Paesi aderenti, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha previsto che il tasso di disoccupazione, fissato nello scorso giugno all’8,3% (il pi๠alto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale), potrà arrivare agli inizi del 2010 ad attestarsi intorno al 10%, a cui corrispondono oltre cinquantasette milioni di disoccupati.
L’Italia, in cui il tasso non èmai stato davvero basso negli ultimi trent’anni e per la cui economia non si prevedono particolari faville, dovrebbe avere un risultato superiore alla media, intorno al 10,5%.
A subire i maggiori contraccolpi sono soprattutto i giovani con scarsa esperienza e i lavoratori precari, che si trovano frequentemente a non vedersi rinnovato il contratto.
C’ una magra consolazione: le stime sono molto peggiori (oltre il 15%) in altre nazioni che hanno goduto nel recente passato di un clamoroso sviluppo economico da cui perಠnegli ultimi mesi sono rapidamente precipitati, come la Spagna e l’Irlanda.