Grazie a questo sorpasso, sia pur risicato, l’Italia diventa la sesta nazione al mondo in questa specialissima classifica, dopo Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Francia.
Mentre da noi la notizia èpassata in sordina, i quotidiani d’Oltremanica hanno puntato l’indice contro il grave stato di difficoltà dell’economia inglese e contro la debolezza della sterlina sui mercati internazionali, tanto che l’ipotesi che Londra finisca per aderire all’euro non èpi๠cosଠimprobabile.
Non èda escludere, comunque, che l’idea che la denigratissima Italia stia reagendo meglio (o meno peggio, secondo i punti di vista) alla crisi globale sia visto dagli osservatori britannici come uno smacco difficile da digerire.
Il punto di forza su cui si regge l’economia industriale del nostro Paese ècertamente costituito dai distretti, efficienti e radicati in ogni angolo della Penisola, e che rappresentano un’esperienza poco diffusa altrove. Nei distretti, in cui di fatto èconcepito e globalizzato il made in Italy, avviene un fitto interscambio di conoscenze fra gli aderenti, che consente di competere con successo in molti mercati e settori.
Secondo alcuni analisti, anzi, non èvero che in Italia non si fa ricerca, poichè le statistiche condotte sul tema esaminano principalmente i grandi laboratori e le università , tralasciando il contributo delle medie e piccole realtà aziendali.
Qualunque sia il segreto della resistenza italiana alla crisi, comunque, l’unica cosa sicura èche in Inghilterra si lambiccano il cervello per capirlo.