Per superare la già descritta presunzione di cessione, la legge prevede infatti una disciplina articolata e complessa.
àˆ infatti richiesto di inviare, almeno cinque giorni prima della data prevista per la distruzione, una comunicazione all’ufficio territorialmente competente dell’Agenzia delle Entrate, nella quale occorre precisare data e luogo in cui avverrà la distruzione, le modalità della stessa, una descrizione dei beni e il loro valore, determinato sulla base del costo storico.
Un funzionario si presenterà dunque alla data stabilita per assistere all’eliminazione, e redigerà un verbale in cui attesterà il verificarsi della stessa. Il verbale non èindispensabile, qualora il valore complessivo dei beni distrutti non supera la quota di 5.164,57 euro: in tale caso, infatti, èvalida anche un’autocertificazione resa dal contribuente.
Rispettando questi adempimenti, la presunzione di cessione èsuperata e il valore non ancora ammortizzato dei beni puಠessere portato in deduzione del reddito d’impresa.
Tuttavia, questa gravosa procedura appare giustificata solo in occasione dell’eliminazione di beni di grandi dimensioni o molto numerosi; appare invece del tutto sproporzionata quando si tratta di eventi ben pi๠insignificanti (si pensi all’eliminazione di un telefono cellulare ormai inservibile) e che nelle grandi aziende si verificano magari con cadenza quotidiana.
Nella pratica, percià², èmolto pi๠diffusa una seconda strada, notevolmente pi๠semplice: si tratta di accordarsi con un parente od un amico e vendergli il bene da eliminare, magari al prezzo simbolico di un euro, fatturando regolarmente l’operazione. La legge èrispettata in quanto il bene èautenticamente uscito dal patrimonio aziendale e la posizione dell’imprenditore èinattaccabile.