Un po’ a sorpresa, tuttavia, l’auspicata e complessa riforma del diritto familiare introdusse quasi di soppiatto un istituto del tutto nuovo, l’impresa familiare, che destಠe desta tuttora parecchie difficoltà di ordine pratico. In effetti, distinguere quando un’impresa puಠessere definita “familiare†e quando no èspesso tutt’altro che facile.
E tuttavia èuna differenza di importanza basilare, poichè nell’impresa familiare ritroviamo alcune norme che non trovano paragone in alcun altra legge inerente il diritto commerciale.
All’impresa familiare èdedicato un solo articolo del Codice Civile, il n. 230-bis, introdotto appunto nel nostro ordinamento oltre trent’anni fa.
In pratica, si definisce “familiare†l’impresa in cui il capofamiglia èaffiancato nell’esercizio dell’attività dal coniuge, da parenti fino al terzo grado (genitori e nonni, figli e nipoti, fratelli e sorelle) o da affini fino al secondo (suoceri, cognati). Anche se la legge non lo dice esplicitamente – e infatti qualche dubbio rimane ancora – dovrebbe essere sottinteso che si parla di impresa individuale. Qualunque tipo di società o diverso ente dovrebbe dunque essere escluso.
Una volta che si configurano tutti i requisiti indicati, la legge comporta alcune conseguenze di grande rilievo e che distinguono nettamente l’azienda familiare da ogni altra impresa prevista nel nostro ordinamento.