Se non sono rispettati tali requisiti, l’intero reddito d’impresa proveniente dall’azienda di famiglia èimputato al titolare, e dunque sarà tassato al 100% in capo a costui.
Innanzitutto, occorre che essa sia stata costituita con atto pubblico o scrittura privata autenticata fin dall’inizio. Se questa forma solenne viene adottata successivamente, essa produce efficacia fiscale solo a partire dall’esercizio seguente.
In secondo luogo, occorre che il singolo familiare non abbia fuori dall’azienda un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, e nemmeno che sia dipendente di terzi.
Gli utili sono da ripartirsi fiscalmente secondo la quantità e qualità del lavoro prestato. In tutti i casi, almeno il 51% del reddito èda attribuirsi al titolare.
Secondo le stesse proporzioni, vanno ripartiti i crediti d’imposta o altre agevolazioni fiscali, cosଠcome le ritenute d’acconto subite. Al contrario, le eventuali perdite di impresa sono in ogni caso attribuite esclusivamente al capofamiglia.
Per il titolare, il reddito attribuitogli èconsiderato a tutti gli effetti reddito d’impresa, e seguirà le relative modalità di tassazione, sia ai fini IRPEF che ai fini IRAP. Per i collaboratori appartenenti alla sua famiglia, invece, la relativa quota di utili sarà considerata come reddito di partecipazione.
àˆ molto discusso, e per il momento rimane senza soluzione, il problema della sorta dell’eventuale plusvalenza derivante dalla cessione a terzi dell’azienda o di un ramo di essa. Alcuni sostengono che vada ripartito secondo le consuete proporzioni, mentre altri ritengono che sia esclusivamente da attribuirsi al titolare.