Il lavoratore che intende impugnare il suo licenziamento ritenendolo illegittimo ha ora solo sessanta giorni di tempo per renderlo noto con qualunque mezzo (l’ideale sarebbe una raccomandata A/R al datore di lavoro) e deve depositare il ricorso in tribunale o esperire il tentativo (oggi divenuto facoltativo) di conciliazione entro i successivi centottanta giorni; infine, se la mediazione fallisce, il successivo ricorso in tribunale deve avvenire entro sessanta giorni. Se questi termini non sono rispettati, l’azione diviene improcedibile.
Queste norme sono applicabili a qualunque ipotesi di impugnazione del licenziamento, nonchè nelle ipotesi di illegittimo recesso del committente nei contratti a progetto.
Regole specifiche per i contratti a tempo determinato (nell’ipotesi di illegittimo licenziamento o mancata conversione in un contratto a tempo indeterminato): le novità non solo si applicano ai contratti oggi in corso e a quelli futuri, ma anche a quelli già conclusi nei mesi scorsi. In quest’ultima ipotesi, i vari termini di decadenza decorrono dalla data di entrata in vigore della riforma.
I sindacati sono molto critici rispetto a queste innovazioni, che sono giudicate una soluzione per aggirare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori agendo su questioni di carattere formale, come appunto i termini di decadenza.
Tornando, infine, sul tema della mancata conversione del contratto a tempo determinato, il giudice, qualora dia ragione al lavoratore, non puಠpi๠imporre l’assunzione al datore bensଠil pagamento di un’indennità sostitutiva inclusa fra le 2,5 e le 12 mensilità .