Moltissimi contribuenti sono convinti che si tratti solamente di sconosciuti atolli sperduti ai Caraibi o nell’oceano Pacifico; in realtà , fra di loro sono inclusi perfino Stati che confinano direttamente con la nostra Repubblica, nonchè nazioni aderenti all’Unione Europea.
La comunicazione che partirà da luglio, percià², riguarderà una platea enorme di contribuenti italiani e niente affatto una ristretta cerchia, al contrario di quanto èfacile pensare. àˆ quindi indispensabile che tutte le imprese e i professionisti italiani, direttamente o mediante il commercialista di fiducia, predispongano le rispettive organizzazioni al pi๠presto per rilevare senza fallo tutti gli acquisti e le cessioni di beni e di servizi che andranno comunicati fra pochi mesi (a pena di sanzioni molto salate).
In verità , buona parte della colpa èdel legislatore. Forse non tutti sanno, infatti, che di “black listâ€, ossia di elenchi di territori indicati come paradisi fiscali, ne sono state emanate diverse negli anni, per scopi diversi, e fra di loro non c’ affatto coincidenza.
D’altronde, uno stesso Paese puಠmodificare negli anni la propria legislazione fiscale e quindi essere aggiunto o depennato dalle black list con il passare degli anni, o puಠrisultare “black†per certi frangenti e trasparente per altri.
Le istruzioni ministeriali al modello di comunicazione delle operazioni intercorse con soggetti residenti negli Stati “black listâ€, purtroppo, si limitano a fare un generico riferimento a due decreti ministeriali in materia, pubblicati rispettivamente il 4 maggio 1999 e il 21 novembre 2001; d’altro canto, anche la legge istitutiva del nuovo obbligo non diceva niente di pi๠preciso.
Tocca dunque al singolo contribuente andare a spulciare i testi dei due decreti ministeriali e rintracciare le nazioni che lo possono riguardare.