Fino a qualche anno fa, infatti, sembrava che la strada del video-CV avrebbe finito per andare incontro ad un radioso futuro e a trasformarsi col tempo nella strada maestra per trovare lavoro. I risultati fallimentari, perà², paiono dimostrare tutto il contrario.
I motivi sono diversi. Innanzitutto, èuna questione di natura culturale: sono proporzionalmente pochi i datori di lavoro che accettano di buon grado candidature non tradizionali; sono perciಠautomaticamente pochi anche i giovani che hanno fiducia nello strumento: il timore che il proprio video non venga visto (o addirittura si riveli un boomerang) èlevato.
Potrebbe essere utile, a questo proposito, visitare con attenzione il sito web aziendale (e magari il relativo profilo su Facebook) per valutare le aperture alle nuove tecnologie che sembrano filtrare dall’azienda.
Ci sono perà², anche altri fattori da considerare. A partire dai costi: non tutti i giovani disoccupati dispongono di videocamere digitali o altri mezzi per realizzare il filmato. E non tutti sono sufficientemente spigliati davanti all’obiettivo, quanto occorre cioèper realizzare un filmato brillante ed evitare luoghi comuni, ripetizioni, indecisioni e prolissità .
Va poi ricordato che il video CV èuna sorta di “ciliegina sulla torta†da accompagnarsi al tradizionalissimo curriculum cartaceo. Le informazioni offerte nel filmato sono troppo poche per convincere da sole il selezionatore, a meno di non realizzare un video noioso e ridondante (e controproducente) che ripercorra vita, morte e miracoli del realizzatore. Affidarsi, dunque, solo al filmato èun errore in cui cadono in troppi.
Fonte: Il Sole 24 Ore