Gli ordinativi provenienti dal settore pubblico, infatti, precipitano di anno in anno, e non se ne vede uscita: dal 2002 ad oggi, infatti, la riduzione complessiva ammonta al 40%.
Il discorso, tuttavia, riguarda specificamente le piccole opere, che sono la linfa vitale di migliaia di piccole e medie imprese: i dati del primo bimestre 2010, diffusi dall’istituto di ricerca Cresma, parlano di una riduzione del 30% degli importi delle gare bandite dalle amministrazioni pubbliche italiane (561 milioni di euro) rispetto all’omologo valore del 2009 (801 milioni), a sua volta inferiore, ancora del 30%, rispetto agli importi del 2008.
Ben diversa èinvece la questione inerente le opere maggiori (quelle, per intenderci, di importo superiore ai cinquanta milioni), la cui crescita a gennaio-febbraio èstata di oltre il 60%. Mentre, perà², queste godono del sostegno dello Stato e, spesso, dei fondi europei, le piccole opere gravano quasi sempre su Comuni e Province, che oggi si dibattono in una crisi finanziaria senza precedenti; insomma, di soldi per rifare il manto stradale o aprire una nuova ala della scuola elementare oggi non ce n’ proprio, e non solo non si bandiscono nuove gare d’appalto ma addirittura si ritarda sempre di pi๠nel pagare le opere già avviate e concluse, con ulteriore danno alle già asfittiche casse delle imprese del settore.
Ma c’ ancora un altro fattore da considerare: pur di sopravvivere, la concorrenza si fa spietata. Spesso, per vincere un appalto ènecessario ridurre del 20-25% l’importo della base d’asta, in una guerra fra poveri che impedisce di realizzare quei margini di guadagno che diano un minimo di serenità .