Si calcola che circa il 16,6% dei movimenti complessivi di retailing avvenuti nel 2008 siano dovuti ad aziende italiane, un risultato per il quale il Belpaese supera il suo competitor pi๠temibile, gli Stati Uniti, che seguono con il 14,2%. A fare la parte del leone, naturalmente, sono i marchi legati all’abbigliamento e alla profumeria.
I luoghi dove sono aperti questi nuovi punti-vendita non sono collocati solamente nei mercati pi๠ricchi, come le città americane, inglesi o tedesche, ma anche in tanti mercati emergenti. àˆ proprio qui, anzi, che si registrano i risultati pi๠interessanti, come la Turchia, in cui il retailing ècresciuto nell’ultimo anno del 11,3%, o la Russia del nuovo capitalismo, che segnala un interessante 10,6%.
Ma anche il Portogallo, i Balcani e la Cina sono obiettivi che i nostri marchi internazionali monitorano con attenzione in attesa di sbarcarvi massicciamente.
Sono tanti i fattori che possono attirare i retailer nostrani, e il reddito pro-capite della popolazione locale èsolo uno degli elementi da considerare. Non sono infatti da trascurare il radicamento dei concorrenti locali e i costi, la dislocazione e la disponibilità dei fabbricati da prendere in affitto, che possono rendere appetibile o indigesto qualunque mercato indipendentemente dalla ricchezza e dalla voglia di spendere dei suoi abitanti.