Il referendum del 1987 fu una iattura per queste aziende, che nel frattempo hanno continuato a lavorare soprattutto in commesse per nazioni dell’Europa orientale, perdendo perಠuna buona fetta del loro volume d’affari.
Il programmato ritorno dell’Italia alla fonte energetica pi๠controversa di sempre costituisce per queste imprese un’occasione epocale di rilancio. Non a caso, nei mesi scorsi le associazioni imprenditoriali della zona di Genova hanno lanciato una sorta di minicensimento (che prossimamente sarà esteso anche alle altre province) per conoscere quali aziende offrono la loro disponibilità a partecipare alle future gare d’appalto: l’idea èquella di consorziare know-how differenti per battere la prevedibile concorrenza internazionale nei ricchissimi appalti che saranno banditi negli anni a venire.
La risposta èstata lusinghiera: sono diverse decine le aziende che si sono fatte avanti, da quelle specializzate nella robotica a quelle del comparto della sicurezza.
Al di là dei servizi di supporto, perà², èproprio il nocciolo della questione a lasciare nodi irrisolti: l’ingegneria nucleare èun ramo della scienza su cui le università italiane sono piuttosto carenti, a causa dei pochi corsi attivati (uno proprio a Genova); non a caso, le poche decine di laureati che ogni anno vengono sfornati dai nostri atenei trovano immediatamente lavoro, per lo pi๠proprio presso le aziende del Genovese.
àˆ facile immaginare, comunque, che man mano che il programma nucleare italiano andrà avanti saranno elevati i limiti del numero chiuso oggi vigenti e probabilmente saranno attivati nuovi corsi.