Nei lunghi mesi di crisi, gli analisti hanno studiato l’andamento dei mercati e dei consumi in quest’ambito vitale della nostra economia, individuando tendenze piuttosto distinte fra le esportazioni e le cessioni all’interno dei nostri confini.
Appare dunque opportuno suddividere anche la nostra analisi in due capitoli distinti.
Iniziamo dalle esportazioni: aspetto fondamentale, considerando che il 50% della produzione èdestinato verso le tavole dei consumatori stranieri, pari ad un volume d’affari annuo superiore ai quattro miliardi e mezzo.
L’Italia èil maggior esportatore al mondo, ma sta crescendo la concorrenza di Stati Uniti e Brasile, dove evidentemente la massiccia immigrazione italiana ha dato i suoi frutti. A parte gli italiani, i maggiori consumatori di pasta nel mondo sono nazioni molto diverse fra loro: venezuelani, tunisini e greci.
Purtroppo, dopo molti anni di crescita ininterrotta delle esportazioni, l’ultimo anno ha registrato una significativa inversione di tendenza, con una diminuzione del 5%.
In realtà , la crisi globale ha inciso in maniera indiretta: la vera causa del problema èdata dal ritocco robusto che i nostri produttori hanno dovuto dare sui listini a causa dell’aumento vertiginoso dei costi della materia prima, il grano duro, raddoppiati negli ultimi tre anni.
In questo senso, la ripresa economica – quando arriverà – non servirà a molto se il prezzo del grano non si calmiererà .
Per motivi inversi, si salva invece il mercato della pasta fresca, che ha mantenuto una promettente ascesa nelle vendite, ma che comunque costituisce soltanto una nicchia nel totale delle esportazioni.
Il rilancio del settore èlegato all’innovazione del prodotto (i tecnici si sbizzarriscono per inventare forme nuove) e alla prima fiera mondiale della pasta, “Pastatrendâ€, che si terrà a Bologna nell’aprile 2010.