L’argomento èproprio il mondo dei servizi: l’autrice ha attaccato un certo snobismo diffuso, secondo il quale la gestione di un’impresa di servizi sia sostanzialmente meno difficile e impegnativo rispetto a quanto avviene in un’azienda manifatturiera.
Secondo l’autrice, sono fin troppi i dirigenti che ritengono che, mentre per amministrare un’industria sia indispensabile una formazione e un’esperienza anche approfondita, nel ramo dei servizi sia sostanzialmente sufficiente una certa dose di buon senso.
Una visione cosଠpressappochista, perà², èmolto pericolosa per lo stato di salute della nostra economia, se consideriamo che allo stato attuale circa tre quinti del Prodotto Interno Lordo italiano derivano dal settore dei servizi globalmente inteso.
Altrettanto superficiale èl’idea secondo la quale il cliente deve essere “educatoâ€, affinchè sia quest’ultimo a conformarsi alle esigenze e alle prassi dell’erogatore del servizio.
L’autrice ritiene, invece, che sia fondamentali una diffusione della cultura e della professionalità , laddove la prima va intesa come una conoscenza di metodi e strumenti per rapportarsi col singolo e con la collettività , seguendo le indicazioni della copiosa letteratura fiorita in merito negli ultimi decenni.
La professionalità , invece, concerne la disponibilità a venire incontro al cliente e a personalizzare il servizio offerto al fine di aumentarne il valore aggiunto e favorire la fidelizzazione del consumatore.
“Non tutti sono adatti ad assolvere a questo compitoâ€, sostiene la Leonardi smentendo dunque che un po’ di buon senso sia sufficiente a chicchessia a gestire tale compito.
La padronanza del fattore-tempo e l’interscambio continuo di informazioni completano il quadro della competitività .