Fece arrabbiare molto i giovani una dichiarazione dell’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero che chiedeva ai giovani di non essere “schizzinosi” quando si parlava di lavoro. In pratica li invitava ad adattarsi alle condizioni e alle proposte di lavoro.Â
Allora faceva arrabbiare, oggi le statistiche dicono che i giovani sono non pronti ma prontissimi ad adattarsi al lavoro, continuando a conferire alla propria esistenza un valore assolutamente positivo. Le statistiche cui facciamo riferimento sono quelle del “Rapporto Giovani” promosso dall’Istituto Toniolo di Studi Superiori. Qui sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento i giovani di età compresa tra 18 e 32 anni ed èstato chiesto loro il grado di soddisfazione per la vita condotta, scegliendo un numero da 1 a 5. Il voto medio èstato di 4,3.
I giovani che sono stati penalizzati e non aiutati dalla crisi, non appaiono per nulla rinunciatari ma hanno sviluppato un atteggiamento positivo nei riguardi del lavoro. Per questo il rapporto realizzato con il sostegno di Intesa Sanpalo e Fondazione Cariplo, parla chiaro:
“In un contesto di perdurante difficoltà nel mondo del lavoro l’autorealizzazione viene messa in secondo piano rispetto al reddito, soprattutto nelle classi sociali medio basse. E la remunerazione èinfatti uno dei principali punti dolenti della qualità del lavoro svolto, assieme alla non sempre stretta coerenza con il proprio percorso formativo. Questa condizione di adattamento riguarda tutti, ma èancora pi๠forte per chi ha un lavoro a tempo determinato (49,3%)”.
Non èfacile capire che chi ha trovato un lavoro a tempo indeterminato, abbia anche sviluppato un atteggiamento positivo verso il futuro. Diverso èil caso dei Neet, i giovani che non lavorano e non studiano: la soddisfazione per la vita èsoltanto di 3,7 punti medi.