Questa valutazione, definita comunemente “ratingâ€, incide sulle disponibilità liquide che la banca deve detenere senza investirle: senza scendere nei dettagli (esistono formule matematiche piuttosto complesse), èsufficiente dire che quanto pi๠una banca finanzia imprese con scarso rating, tanto pi๠èobbligata ad immobilizzare risorse (con tutti i relativi oneri) per non compromettere la propria stabilità finanziaria.
La conseguenza inevitabile èrappresentata da un forte irrigidimento delle banche verso gli aspiranti mutuatari: gli istituti di credito tendono a respingere le richieste di finanziamento provenienti dalle imprese meno solide, oppure, pi๠frequentemente, ad accettarle imponendo perಠtassi d’interesse molto onerosi.
Questo fenomeno, esistente da diversi anni, si èulteriormente incrementato a seguito della crisi globale, che ha ridotto al lumicino la già carente affidabilità della maggioranza delle aziende italiane, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, che negli ultimi mesi si sono viste attribuire un rating sempre meno lusinghiero.
L’istituto Cerved ha recentemente condotto un’indagine statistica in proposito. Risulta che oltre i due terzi delle PMI (per l’esattezza, il 67,3%) hanno visto calare il proprio rating nel corso degli ultimi dodici mesi. Inoltre, una su tre ha oggi un rating cosଠscarso da far sorgere seri dubbi sulle sue stesse speranze di sopravvivenza sul mercato.
Ad essere interessate sono soprattutto le imprese del Centro e del Sud, il cui accesso ai finanziamenti bancari appare percià², giorno dopo giorno, sempre pi๠difficoltoso.