La classifica èstremamente complessa e si basa su una valutazione di decine e decine di diversi fattori in grado di influire sulla capacità di un’impresa di agire con efficienza sul mercato. Non tutti i fattori, naturalmente, hanno la medesima importanza, e infatti ad ognuno èstato attribuito un peso differente.
Rimescolando infine i risultati, si arriva alla classifica complessiva, in cui al primo posto, per la prima volta dopo molti anni, non si classificano gli Stati Uniti (secondi) bensଠla Svizzera.
Il sorpasso èderivato dall’effetto congiunto dell’improvviso disastro nella stabilità macroeconomica americana e dall’eccellente capacità innovativa e stato delle infrastrutture della confederazione elvetica. I posti successivi della graduatoria sono invece occupati dal Canada e dalle nazioni scandinave.
L’Italia, come l’anno scorso, langue invece al quarantottesimo posto, ultima fra i cosiddetti “sette grandiâ€. Rispetto al 2008, infatti, abbiamo superato la Lituania ma siamo stati sopravanzati dalla Polonia, mantenendo in definitiva lo stesso posto in classifica.
L’Italia, rispetto ai concorrenti stranieri, difetta in numerosi campi. I fattori pi๠penalizzanti risultano la scarsa fiducia verso le istituzioni e il sistema politico, lo sperperamento del denaro pubblico, la ridotta tutela dei soci di minoranza nelle grandi società per azioni, le rigidità della contrattazione collettiva e del mercato del lavoro, la conflittualità dei rapporti fra datori di lavoro e dipendenti e, aspetto fondamentale ma fin troppo sottovalutato, la penalizzazione delle donne sul posto di lavoro e nelle cariche pubbliche.
Il Belpaese riesce perಠa salvare la faccia in altri ambiti: l’efficienza delle linee di telecomunicazione, la sanità , le scuole elementari e, soprattutto, il radicamento dei distretti industriali: almeno per questo fattore, risultiamo i terzi al mondo.