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L’Economist boccia l’Italia

Il giorno in cui un giornale britannico tesserà  le lodi del sistema-Italia sarà  probabilmente un evento a cui nessuno di noi riuscirà  ad assistere. E tuttavia, sarebbe sciocco sottovalutare le frecciate che i giornalisti stranieri scoccano periodicamente contro il nostro Paese, perchè il fondamento di certe critiche indubbiamente esiste.

Una certa attenzione, da ultima, se l’ guadagnata una ricerca del quotato “The Economist”, che ha pubblicato i risultati di uno studio in cui sono messi a confronto diversi parametri sulla competitività  dei vari Paesi europei. L’Italia, non c’era da dubitarne troppo, èclassificata all’ultimo posto fra i Paesi dell’Europa occidentale.


Il punteggio in graduatoria èdeterminato sommando i valori ponderati attribuiti a ciascun Paese un valore per la sua competitività  economica valutata in diversi settori di grande incidenza sul successo e l’insuccesso delle sue imprese.

Fra loro, i giornalisti inglesi puntano l’indice su due aspetti in particolare: innanzitutto le liberalizzazioni, le quali hanno pur compiuto qualche passo avanti nel corso degli ultimi anni ma restano ancora molto scarse rispetto agli standard concorrenziali europei, e poi c’ il macigno-fisco, visto come un cappio al collo delle imprese sia per l’entità  dei tributi da versare che per la complessità  e numerosità  degli adempimenti da porre in essere.


Un aspetto, comunque, sminuisce il significato di questa graduatoria: essa èbasata su dati raccolti diversi mesi fa, prima dell’esplodere della crisi economica globale. I dati raccolti dall’Economist, dunque, riflettono una situazione che, seppure risalga a poco tempo fa, appare già  antica e inattuale. Il crollo verticale dell’economia spagnola e il collasso del sistema bancario islandese, giusto per dirne due, dovrebbero spingere gli esperti dell’Economist a rimettersi al lavoro al pi๠presto per aggiornare lo studio.