A ciascuno Stato viene attribuito un punteggio (il massimo è100) in cinque settori differenti, per poi tirare le somme in una media ponderata.
I risultati sono piuttosto vari. La media europea è57, e sedici nazioni si collocano al di sopra di tale valore: al primo posto c’ l’Irlanda, con un notevole 74, seguita da Danimarca e Regno Unito. Sono invece nove i Paesi che si collocano al di sotto della media, e purtroppo all’ultimo posto c’ proprio l’Italia, con un misero 35, preceduta di parecchi punti da Grecia e Portogallo.
Come si èdetto, il punteggio complessivo deriva dalla media di cinque parametri: l’Italia si classifica all’ultimo posto nella libertà fiscale (31 punti contro la media di 56) e nella libertà dalle regolamentazioni amministrative varie (appena 18 contro la media di 55), e al penultimo nella libertà di impresa (37 contro 61).
Risultati mediocri anche nella libertà dalla presenza invadente dello Stato nell’economia (42 a fronte della media di 57) mentre il parametro meno umiliante èla libertà nelle regole del mondo del lavoro, in cui comunque l’Italia non brilla: 48 punti contro la media di 56.
Tirando le somme, dunque, l’Italia èdi gran lunga all’ultimo posto. Ed èil tema tributario quello su cui maggiormente gli addetti ai lavori puntano l’indice: non solo e non tanto per l’onerosità della pressione fiscale, quanto per la numerosità (e, spesso, l’inutilità ) degli adempimenti richiesti. Si calcola che mediamente l’impresa italiana necessita di 360 ore all’anno solo per pagare le imposte, contro le 58 del Lussemburgo.