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Libertà  d’impresa, Italia ultima in Europa

Il Centro Studi di Confindustria ha condotto un’analisi sul sistema dei vincoli che ostacolano l’attività  delle imprese in venticinque dei ventisette Stati comunitari (esclusi Malta e Cipro).

A ciascuno Stato viene attribuito un punteggio (il massimo è100) in cinque settori differenti, per poi tirare le somme in una media ponderata.


I risultati sono piuttosto vari. La media europea è57, e sedici nazioni si collocano al di sopra di tale valore: al primo posto c’ l’Irlanda, con un notevole 74, seguita da Danimarca e Regno Unito. Sono invece nove i Paesi che si collocano al di sotto della media, e purtroppo all’ultimo posto c’ proprio l’Italia, con un misero 35, preceduta di parecchi punti da Grecia e Portogallo.

Come si èdetto, il punteggio complessivo deriva dalla media di cinque parametri: l’Italia si classifica all’ultimo posto nella libertà  fiscale (31 punti contro la media di 56) e nella libertà  dalle regolamentazioni amministrative varie (appena 18 contro la media di 55), e al penultimo nella libertà  di impresa (37 contro 61).

Risultati mediocri anche nella libertà  dalla presenza invadente dello Stato nell’economia (42 a fronte della media di 57) mentre il parametro meno umiliante èla libertà  nelle regole del mondo del lavoro, in cui comunque l’Italia non brilla: 48 punti contro la media di 56.


Tirando le somme, dunque, l’Italia èdi gran lunga all’ultimo posto. Ed èil tema tributario quello su cui maggiormente gli addetti ai lavori puntano l’indice: non solo e non tanto per l’onerosità  della pressione fiscale, quanto per la numerosità  (e, spesso, l’inutilità ) degli adempimenti richiesti. Si calcola che mediamente l’impresa italiana necessita di 360 ore all’anno solo per pagare le imposte, contro le 58 del Lussemburgo.