Se dunque ben pochi dipendenti possono dire di dormire sonni tranquilli, èchiaro che comunque alcune categorie dovrebbero soffrire pi๠di altre il momento di difficoltà che stiamo vivendo.
Il primo anello debole della catena dell’occupazione, in particolare, sembra essere il lavoratore straniero, specie se extracomunitario, dotato di qualifiche generiche.
Se infatti nelle nostre fabbriche èormai fondamentale l’apporto degli operai slavi, rumeni o africani (in Veneto la manodopera straniera supera il 10%), èanche vero che solo quelli arrivati in Italia da molti anni hanno sviluppato preziose competenze tecniche di cui gli imprenditori non potrebbero fare a meno.
I nuovi arrivati, invece, pi๠inesperti e pi๠facilmente rimpiazzabili, rischiano di ritrovarsi sulla strada da un giorno all’altro. E naturalmente, se si tratta di irregolari la fragilità della loro posizione aumenta ulteriormente.
Meno preoccupante, invece, èla situazione dei numerosi occupati stranieri nel mondo dell’agricoltura, che non sembra essere un comparto in difficoltà , e nell’artigianato, in cui anzi c’ carenza di personale: Confartigianato parla di ben settantunomila posti scoperti nel comparto.
Ma anche gli italiani guardano con timore alla crisi. E la paura assale soprattutto i precari: quei tanti giovani (e meno giovani) titolari di un contratto a tempo determinato il cui rinnovo non èpurtroppo dietro l’angolo, o i soggetti assunti secondo le nuove tipologie di rapporto di lavoro introdotte o potenziate con la legge Biagi e che, in caso di perdita del posto, sono solitamente sprovvisti dello scudo degli ammortizzatori sociali.