Al contrario di quanto èfacile immaginare, non ènecessariamente l’insegnamento l’unico sbocco per i letterati. Anzi, le ultime analisi parlano di un 20% circa di laureati che punta in quella direzione, peraltro sempre pi๠ardua a causa della riduzione negli anni dei concorsi di assunzione nella scuola pubblica.
E, a smentire un secondo luogo comune, gli esperti delle dinamiche aziendali assicurano che gli umanisti sono tutt’altro che disprezzati dalle imprese: cultura elevata e buona capacità di comunicazione sono molto apprezzate dalle imprese di maggiore dimensione, nell’ambito delle funzioni di marketing, dell’amministrazione e della gestione delle risorse umane.
C’ poi una sorpresa: pare che i laureati in filosofia siano molto apprezzati per la loro capacità di porsi domande e uscire da schemi rigidi di pensiero, e possano risultare utilissimi in ambiti teoricamente distanti dal loro genere di studi, come la progettazione dei software.
Il problema, dunque, non sta tanto nelle competenze teoriche acquisite bensଠnello scarso collegamento fra gli studi seguiti e il mondo del lavoro.
In effetti, èl’esperienza pratica quella che manca ai laureati in lettere e affini: per questo, suggeriscono gli esperti, risulta fondamentale seguire un’esperienza post-universitaria di genere pratico, che ricomprenda un tirocinio in azienda.
In tutti i casi, meglio non farsi troppe illusioni. Ad un anno dalla laurea specialistica trova lavoro appena il 52% degli umanisti, con uno stipendio mensile netto medio che si attesta a 856 euro. E i letterati sono i dottori che pi๠di ogni altra tipologia non trovano di meglio che un lavoro precario.