Il risultato cosଠottenuto, perà², potrebbe non riflettere l’autentico valore attribuibile al singolo bene: se esso infatti risultasse avere sul mercato un valore corrente sensibilmente differente occorrerà compiere opportune valutazioni.
Qualora il valore di mercato fosse superiore, non èconsentito rivalutare il bene: questa èun’applicazione basilare del principio di prudenza, dato che si rischierebbe di dar vita ad utili della cui esistenza non possiamo avere assoluta certezza. La rivalutazione, secondo alcuni autori, sarebbe possibile solo in circostanze eccezionali che la giustifichino, poichè in tal caso la clausola generale di rappresentazione veritiera e corretta prevarrebbe sul bilancio; ma èuna tesi minoritaria.
Nell’ipotesi che volessimo rivalutare il bene, comunque, come contropartita istituiremmo una riserva di rivalutazione da iscrivere nel patrimonio netto, indistribuibile e indisponibile; via via che ammortizzeremo il bene, tale riserva si ridurrà in conseguenza.
Il Codice Civile, invece, non solo ammette ma addirittura impone di agire di conseguenza nella situazione inversa: qualora il valore corrente del bene fosse inferiore a quello presente in contabilità , l’immobilizzazione andrà svalutata, e l’ammontare della svalutazione costituirà un costo d’esercizio.
La legge perಠstabilisce la svalutazione solamente qualora sia motivata da fattori durevoli e non transitori. Se poi, nonostante le stime sulla durevolezza eseguite in buona fede, venissero meno in tutto o in parte le ragioni che hanno portato alla svalutazione, il valore del bene dovrà essere ripristinato di conseguenza (ma non si potrà mai andare oltre l’importo originario, perchè la rivalutazione à¨, come detto, inammissibile). Tali ripristini di valore costituiranno, ovviamente, componenti positive di reddito.