Costi per natura, speciali e comuni, diretti e indiretti

Dopo aver analizzato i problemi generali della classificazione dei costi di produzione, vediamo le metodologie pi๠diffuse.

Il primo criterio èil pi๠semplice, intuitivo e oggettivo: la classificazione per natura. Distinguiamo, percià², i costi sulla base delle relative origini: costi del personale, di ricerca, per servizi professionali, per utenze eccetera. Ovviamente, possiamo scegliere se ripartire i costi in mille piccole voci omogenee oppure in grandi blocchi pi๠variegati. Va anche notato che tale ripartizione èagevolata dal fatto che in contabilità  e in bilancio tutte le spese sono già  classificate proprio per natura.

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Il margine lordo di contribuzione

Riprendiamo la nota suddivisione dei costi di produzione in fissi e variabili.
Il prezzo di vendita di un prodotto, naturalmente, deve coprire l’insieme dei costi (variabili e fissi) che sono stati sostenuti per realizzare il medesimo.

A parità  di condizioni, èvidente che quanto pi๠i costi di natura variabile sono modesti, tanto pi๠èrilevante in proporzione il peso dei costi fissi.

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Classificazione dei costi per discrezionalità  e controllabilità 

Oltre ai pi๠comuni criteri di classificazione dei costi di produzione, analizzati negli articoli precedenti, ne esistono altri, meno conosciuti, che sono impiegati soprattutto dalle aziende di maggiori dimensioni, mentre appaiono un po’ superflui per le ditte medie e piccole.

Uno di questi metodi distingue i costi sulla base del grado di discrezionalità  che vi sovrintende. I costi parametrici, in particolare, sono quelli che sono sostenuti per motivi tecnici su cui c’ poco da decidere. Se per produrre due unità  di Y occorre acquistare un’unità  di X che costa 20 euro e il nostro obiettivo èprodurre 1.000 Y, si spenderanno in tutto 10.000 euro: e su questo costo c’ poco da trattare.

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Costi fissi e variabili

Fra i criteri di classificazione dei costi di produzione, uno dei pi๠importanti e conosciuti distingue fra costi fissi e costi variabili; la variabilità  cui facciamo riferimento riguarda il volume della produzione.

Ipotizziamo un’azienda che acquista una materia prima X e la trasforma nel prodotto Y per rivenderlo a terzi. àˆ chiaro, quindi, che quanto pi๠Y vogliamo realizzare, tanto pi๠X dovremo acquistare, e dunque i relativi costi aumentano al crescere della produzione.

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Classificazione costi di produzione

Per finalità  interne, l’amministrazione di un’azienda (soprattutto di grandi dimensioni) si trova nella necessità  di conoscere in quale misura e per quali finalità  la stessa sostiene costi di produzione. Puಠessere indispensabile, ad esempio, scoprire se una data produzione A assorbe pi๠costi di una produzione B e magari risultare antieconomica, laddove se l’impresa concentrasse la sua attenzione soltanto su B forse otterrebbe maggiori utili.

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Medici e infermieri stranieri in aumento

Nel nostro Paese, in cui l’assistenza sanitaria ègarantita a tutti i cittadini e in cui il numero degli anziani tende a salire, il lavoro per chi opera nel settore sanitario non manca.
Tuttavia, le nostre università  non riescono a sfornare un numero di operatori sufficienti rispetto alla domanda: d’altronde, il percorso di studi èmolto lungo e selettivo.

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Nidi aziendali, Italia indietro rispetto all’Europa

Il quotidiano “Il Sole 24 Ore” ha eseguito un’interessante ed esaustiva indagine sul tema dei nidi aziendali, ricostruendone il percorso.

I primi nidi sorsero in Italia negli anni Cinquanta per opera di alcuni industriali “illuminati”, come Olivetti e Falck; per una ventina d’anni, perà², si trattಠdi interventi episodici e rimessi alla volontà  dei privati.

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Mercato mondiale dell’auto

Le recentissime scissioni all’interno del gruppo Fiat sono solo l’ultimo segnale della principale tendenza che interessa l’industria automobilistica negli ultimi anni: un sostanziale decremento della produzione nei mercati tradizionali e pi๠avanzati, e cioèuropa e Nordamerica, e una progressiva delocalizzazione verso territori che vivono oggi il boom della auto nuove che noi avemmo mezzo secolo fa.

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Fallimento piano casa

Le prospettive erano ottime per il rilancio del settore dell’edilizia (si parlava di un giro d’affari potenziale intorno ai sessanta miliardi), ma dopo pi๠di un anno dalla sua entrata in vigore possiamo constatare come il cosiddetto “piano casa” sia miseramente fallito.

Il Governo aveva permesso una deroga sulle consuete norme urbanistiche, consentendo un ampliamento della volumetria degli edifici esistenti fino al 35%. La norma di legge, tuttavia, rinviava alle regole fissate da Regioni e Comuni per l’applicazione concreta, e non poteva essere diversamente dato che si tratta di una materia dove, per Costituzione, gli enti locali hanno larga voce in capitolo.

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Boom di tatuatori e organizzatori di eventi

Unioncamere fa sapere che nel mese di giugno 2010 si èavuto un piccolo incremento nel numero delle imprese registrate in tutta Italia: +0,2% su base annua.

Effettivamente, possiamo notare come il numero delle partite IVA attive in Italia, che si aggira intorno a otto milioni contando anche i liberi professionisti, non cessi di crescere, alimentato soprattutto dalle piccole aziende individuali.

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Laureati italiani: pochi e disoccupati

Le statistiche dell’OCSE non lascino troppi dubbi: l’Italia si classifica agli ultimi posti fra i Paesi avanzati sullo spinoso tema dell’istruzione universitaria.

Ad oggi, infatti, solamente il 2,4% della popolazione vivente vanta il sospirato diploma di laurea, contro il 33,5% dei cittadini statunitensi o il 14,7% dei giapponesi. Nè il Belpaese si riscatta concentrando l’attenzione sulle giovani generazioni, che hanno molte maggiori possibilità  dei genitori e dei nonni: oggi come oggi, infatti, soltanto un ragazzo su tre ottiene la laurea.

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ComUnica, bilancio dei primi quattro mesi

A partire dal primo aprile, dopo sei mesi di sperimentazione, èdivenuta obbligatoria e ineludibile la procedura di Comunicazione Unica delle notizie riguardanti le imprese e dirette verso i registri camerali, l’Agenzia delle Entrate, l’INPS e l’INAIL.

Una via ineludibile, come si èdetto: ogni comunicazione relativa alla nascita, alle modifiche e alla cessazione della vita di un’azienda, infatti, deve ora passare (senza possibili alternative) attraverso l’invio di un pacchetto di files confezionato dal software ComUnica e inviato alla Camera di Commercio.

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Crollo delle sponsorizzazioni per lo sport

Tempi duri per lo sport italiano: le sponsorizzazioni languono.
Il problema riguarda certamente il calcio, che peraltro gode comunque di buona salute, data la sua immensa popolarità  nel nostro Paese. Ma concerne soprattutto gli altri sport, in cui il calo d’interesse delle aziende ètangibile.

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Aziende che usano il Lavoro a chiamata

Continuando a leggere l’analisi dell’Istat sull’impiego da parte delle aziende italiane dello strumento del lavoro a chiamata, scopriamo che la tipologia di imprese che vi ha fatto maggiore ricorso appartiene al settore degli alberghi e della ristorazione (60%), principalmente per far fronte ai picchi dei clienti nel periodo estivo e in quello natalizio; commercio, istruzione, sanità  e servizi sociali si contendono il 40% rimanente.

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Calano gli infortuni sul lavoro

Nel corso del 2009 gli infortuni sul lavoro si sono ridotti di numero, come ha recentemente precisato l’INAIL pubblicando una relazione sull’argomento.

Potrebbe perfino trattarsi di un effetto collaterale della crisi globale, che ha costretto molti impianti a chiudere i battenti o a ridimensionare l’attività , e quindi, paradossalmente, la crisi almeno una conseguenza positiva l’ha causata.

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