All’ente èinfatti riconosciuto dalla legge il diritto di rettificare un suo primo parere con un secondo successivo. In tutti i casi, il secondo parere non puಠessere emesso oltre il termine massimo di centoventi giorni da quando èstata notificata la richiesta d’interpello del contribuente
A questo punto possono verificarsi due situazioni. Se il cittadino non ha ancora posto in essere alcun comportamento in risposta al primo parere, allora il secondo sostituisce a tutti gli effetti il precedente, che ècome se non fosse mai esistito.
Se invece egli ha già agito, allora il secondo parere ègiunto “fuori tempo massimoâ€, e dunque sarà proprio quest’ultimo a doversi considerare come mai emesso.
L’interpello ha avuto dal 2000 ad oggi un ruolo fondamentale per ridimensionare drasticamente i contenziosi tributari, anche perchè molti dei pareri emessi sono resi pubblici – mantenendo l’anonimato sull’interpellante – dall’Agenzia delle Entrate (con il nome di “risoluzioniâ€).
Naturalmente ogni risoluzione fa storia a sè e non comporta conseguenze giuridiche nei confronti dei terzi. Essa produce comunque un enorme valore di persuasione: sapendo infatti in partenza come l’ente interessato interpreta una certa norma, èvidente che chiunque si trovi in seguito in una situazione analoga tenderà a uniformarsi a propria volta.
Gli ottimi risultati ottenuti dalla legge del 2000 ha spinto il legislatore ad istituire successivamente provvedimenti analoghi presso l’INPS per interpretare le norme sul lavoro e presso la stessa Agenzia delle Entrate in materie delicate e molto specifiche come le società di comodo e le transazioni internazionali.