Per coloro che producono redditi di impresa, plusvalenze e minusvalenze costituiscono da sempre componenti di reddito da considerare con la dovuta attenzione; bene precisare che non necessariamente il loro ammontare fiscale corrisponde a quello civilistico, a causa della diversità dei calcoli applicati.
Le minusvalenze sono sempre deducibili nell’esercizio di competenza, mentre per le plusvalenze èpossibile scegliere di rateizzarne l’imponibilità a quote costanti fino a cinque anni, purchè il bene fosse posseduto da almeno tre anni prima della cessione (contando anche l’eventuale periodo di leasing).
Tuttavia, se la deducibilità delle precedenti quote di ammortamento era stata limitata a causa delle regole sui beni strumentali ad uso promiscuo, anche plusvalenze e minusvalenze concorreranno al reddito imponibile solo parzialmente, secondo analoghe proporzioni.
Se il bene invece venisse dismesso non in seguito a compravendita bensଠad autoconsumo (esso, cioà¨, viene distolto dall’azienda per entrare nei beni personali dell’imprenditore), si applica il medesimo ragionamento, ma in luogo del corrispettivo dovremo calcolare il “valore normale†del cespite, ossia il suo valore di mercato. Per evitare facili abusi, le plusvalenze da autoconsumo sono imponibili, mentre le minusvalenze sono del tutto indeducibili.
In caso di permuta fra due o pi๠beni, la medesima operazione andrà scissa, come se si trattasse di distinte vicende di acquisto e di cessione, con i relativi riflessi reddituali.
Le stesse regole descritte fin qui si applicano anche ai lavoratori autonomi, ma con una precisazione basilare: plusvalenze e minusvalenze sono per costoro divenute imponibili o deducibili solo il 4 luglio 2006, perciಠquelle che dovessero maturare su beni acquistati prima di quella data non hanno rilevanza fiscale.