Con la sentenza in esame, in particolare, la Cassazione ha respinto il ricorso presentato da tre vertici aziendali, accusati di aver esposto un falso credito Iva e di averlo poi compensato gradualmente nel corso degli anni successivi.
Nel caso specifico, in particolare, la Corte ha spiegato che si tratta di una fattispecie a cui èapplicata la disciplina prevista dall’art. 322-ter del codice penale, aggiungendo che in questo caso il contribuente non ha neanche la facoltà di invocare un intervenuto condono tombale, in quanto l’adesione del cittadino a questo tipo di procedura non impedisce la contestazione del credito da parte dell’ufficio qualora èprevisto che non possano essere apportate modifiche agli importi dichiarati a seguito della definizione automatica.
La Corte ha poi sottolineato che la correttezza di tale interpretazione trova riscontro anche in una decisione delle sezioni unite della Cassazione, in cui si stabilisce l’applicabilità del secondo comma dell’art. 322-ter c.p. al reato di truffa aggravata, alla luce del rinvio contenuto nell’art. 640-quater del codice penale.