Al riguardo, in particolare, il comma 33 dell’art 2 della legge di riforma del mercato del lavoro (legge 92/2012) prevede che a partire dal 1° gennaio 2013 nei casi di interruzione di un contratto a tempo indeterminato per le causali che, a prescindere dalla sussistenza del requisito contributivo, darebbero diritto all’ASpI, il datore di lavoro deve versare una somma pari al 41% del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.
A fronte di tale previsione normativa, dunque, la circolare dell’Inps precisa che i datori di lavoro saranno tenuti al versamento del contributo in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto vada a generare in capo al lavoratore il diritto teorico alla nuova indennità che ha sostituito l’indennità di disoccupazione, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa.
Per contro, invece, il contributo non va versato qualora lo scioglimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato sia stato causato da: dimissioni; risoluzioni consensuali, ad eccezione di quelle derivanti da procedura di conciliazione e dal trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante pi๠di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o pi๠con i mezzi pubblici; decesso del lavoratore.
La circolare precisa inoltre che il contributo èscollegato dall’importo della prestazione individuale, pertanto non cambia in caso di part-time; nell’anzianità aziendale devono essere inclusi tutti i periodi di lavoro a tempo indeterminato, mentre quelli a tempo determinato si computano solo se il rapporto èstato trasformato senza soluzione di continuità o se comunque si èdato luogo alla restituzione del contributo dell’1,40%; il contributo deve essere sempre versato in un’unica soluzione, non essendo prevista la possibilità di procedere ad una rateizzazione.