Il contenzioso si trascina per molti anni, ha un costo pesante per i cittadini e per lo Stato, e ingolfa ulteriormente la già affaticata macchina della giustizia.
Per questo, alla fine del Novecento furono introdotti una serie di istituti innovativi (i cosiddetti “strumenti deflattivi del contenziosoâ€), che consentissero di prevenire o risolvere anticipatamente le controversie senza ricorrere alle commissioni tributarie. Fra questi istituti deflattivi, ricordiamo il ravvedimento operoso, l’accertamento con adesione e il diritto d’interpello.
Quest’ultimo, introdotto cautamente nel 1991 con riferimento a pochissime fattispecie, fu generalizzato con la L. 211/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) ad ogni ipotesi di dubbio sull’interpretazione delle norme esistenti.
L’interpello generalizzato ha di fatto sostituito il previgente istituto del ’91 (formalmente mai abrogato, peraltro), e fissato le basi su cui negli anni a venire si sarebbe uniformati anche altri interventi del legislatore.
La procedura èla seguente: quando un cittadino si trova ad avere dubbi su quali norme tributarie applicare oppure su come interpretarle, presenta una domanda all’ente competente. à‰ indispensabile, come dice la legge, che si tratti di un “caso concreto e personale†inerente il contribuente: non èammesso presentare quesiti generici. Quando un interpello contiene una domanda generale, infatti, l’ente potrebbe emettere comunque un suo parere che puಠorientare il richiedente, ma esso èprivo di qualsiasi valenza giuridica.
Per costituire un interpello vero e proprio, dunque, il contribuente deve indicare per iscritto in maniera sintetica ma esaustiva un caso concreto e personale, precisando tutti gli elementi utili a individuare una soluzione. Se lo desidera, ma non èobbligatorio, egli puಠanche esporre una sua personale interpretazione e chiederne conferma.