Il discorso riguarda principalmente due situazioni: gli uffici, la cui inerenza all’attività èdel 100%, e le abitazioni, dove spesso i piccoli autonomi ricavano una stanza da adibire a studio. In quest’ultimo caso, èvidente che l’immobile ha un uso promiscuo e dunque èdeducibile solo al 50%; questo perà², solo se non vi sia un altro ufficio nello stesso Comune, altrimenti vi ètotale indeducibilità .
Altre ipotesi (depositi, laboratori, parcheggi ecc.) sono molto pi๠rare, e chiaramente bisognerà valutare l’inerenza caso per caso.
Il quadro ècomplesso e va delineato tenendo conto delle diverse normative applicabili. Fondamentale èconoscere la data dell’atto pubblico di acquisto dell’immobile: èl’elemento discriminante che ci consente di individuare quale, fra le leggi che si sono succedute nel tempo, èquella da adottare ancora oggi.
Per gli immobili acquistati fino al 14 giugno 1990, la disciplina èsimile a quella delle imprese. Il costo di acquisto, cioà¨, va tuttora ripartito negli anni con il processo di ammortamento (l’aliquota èdel 3% annuo).
Il costo non ricomprende solo il corrispettivo versato per l’immobile ma anche gli oneri accessori: imposte, onorario del notaio, intermediazione immobiliare ecc. Si tratta del cosiddetto “costo storicoâ€.
Per gli acquisti dal 15 giugno 1990 al 31 dicembre 2006, invece, èstabilito che il costo storico èdel tutto indeducibile, nemmeno con l’ammortamento. Tuttavia, la rendita catastale dell’immobile èsente dalla tassazione dei redditi fondiari.