Ciಠche conta, per avere di nuovo diritto all’agevolazione “prima casaâ€, èsoltanto l’assoluta inadeguatezza (determinata, ad esempio, da inagibilità ) dell’immobile preposseduto. Una vicenda giudiziale spiega perchè non basta che la casa sia scomoda per la famiglia per giustificare inadempimenti che fanno decadere i benefici.Â
A raccontare la vicenda ci ha pensato Fisco Oggi, il quotidiano telematico dell’Agenzia delle Entrate che, prima di passare alla descrizione della vicenda processuale, spiega il cuore della sentenza della Cassazione:
I benefici per l’acquisto della prima casa non spettano al contribuente che possiede un altro immobile non adatto a soddisfare, per dimensioni e caratteristiche complessive, le esigenze abitative del proprio nucleo familiare. La “scomodità †per i figli, quand’anche di sesso diverso, di dover dormire nella stessa camera non equivale a inidoneità abitativa. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 2278 del 5 febbraio 2016, confermando la pronuncia impugnata.
La Cassazione ha respinto il ricorso dei contribuenti confermando l’impianto giuridico-motivazionale della sentenza impugnata. I giudici di legittimità richiamano innanzitutto la norma censurata, che subordinava il godimento delle agevolazioni al fatto che
“nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione e di volerlo adibire a propria abitazione principale, anche avendo già usufruito, quale acquirente, delle agevolazioni previsteâ€.
La giurisprudenza ha ritenuto che il requisito della non possidenza di altro fabbricato idoneo ad abitazione sussiste quando l’acquirente possieda un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia (cfrCassazione, 19738/2003). La comodità ètutta un’altra cosa.