Se esiste una fattura e questa deve essere usata per scaricare i costi, ènecessario che sia dettagliata. Il fisco oltre a non ammettere l’ignoranza come la legge, non ammette nemmeno l’essere generici.Â
Sembra scontato invece èstata necessaria una precisazione da parte dell’amministrazione finanziaria che ha ragione a contestare l’effettività delle operazioni contenute in fatture irregolari, ritenendo impossibile dedurre i costi. La fattura, infatti, deve essere redatta in modo da costituire un documento “idoneo a rappresentare i costi dell’impresaâ€. Cosଠha stabilito la Corte di cassazione, nella sentenza 9846 del 13 maggio 2016. Ecco la decisione cosଠcome riportata da FiscoOggi.
Ma neppure nel grado di legittimità le ragioni della ricorrente trovano soddisfazione.
Secondo la sezione tributaria, infatti, in tema di distribuzione dell’onere della prova (articolo 2697 del codice civile), qualora l’Agenzia delle Entrate sollevi questioni sulla deducibilità dei costi indicati, la fattura resta comunque un documento “idoneo a rappresentare i costi dell’impresaâ€.
Certo, evidenziano i giudici, essa deve essere “redatta in conformità ai requisiti di forma e contenuto†ed èuna conseguenza evidente che “l’irregolarità della fattura fa venir meno la presunzione della verità di quanto in essa rappresentato e la rende inidonea a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione del costo relativoâ€.L’Amministrazione finanziaria, dunque, ben puಠcontestare l’effettività di operazioni indicate in fatture irregolari, ritenendo i costi indeducibili.
Occorre, infatti, considerare che il sistema dell’Iva, armonizzato in forza della disposizioni comunitarie (a partire dalla sesta direttiva 388/77/Cee), èretto dai due principi fondamentali di neutralità dell’imposta (che ne riversa il carico sul consumatore finale non imprenditore) e di detraibilità di quanto pagato dall’imprenditore per l’acquisto dei beni necessari per l’attività svolta, principio funzionale – esso stesso – al meccanismo della neutralità (cfr Cassazione, pronunce 3454/2014 e 8628/2015; Corte giustizia C-285/11 del 2012 e C-271/12 del 2013).Peraltro, la norma per cui la fattura deve contenere, tra le altre, le indicazioni della natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione (articolo 21 del Dpr 633/1972), risponde a oggettive finalità di trasparenza e di conoscibilità , essendo funzionali a consentire l’espletamento delle attività di controllo e verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria e, segnatamente, a consentire l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione.
Va da sè, dunque, che un’indicazione generica dell’operazione fatturata non soddisfa le finalità conoscitive che la norma intende assicurare, sicchè legittima l’irrogazione della relativa sanzione (Cassazione, sentenza 21980/2015).