Il rimborso IVA puಠessere richiesto anche in forma tardiva entro i due anni se sull’imposta versata nel frattempo hanno inciso delle nuove normative che si sono rivelate a vantaggio del contribuente. Lo ha spiegato una sentenza della Corte di Cassazione.Â
La Corte di Cassazione con la sentenza numero 5013/2015 ha spiegato che il diritto al rimborso IVA spetta al contribuente soltanto se ne èfatta richiesta entro i due anni. La sentenza arriva dopo il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea del 2006 che aveva intenzione di armonizzare le norme IVA a livello europeo.
In quell’occasione il fatto scatenante èstata la richiesta di rimborso IVA fatta da una società nel settembre del 2006 per operazioni IVA relative al 2002. La società aveva ottenuto una risposta negativa perchè era stata fatta domanda oltre il termine massimo di due anni, termine previsto anche per la richiesta tardiva di rimborsi IVA.
Il termine indicato di due anni èvalido anche quando il rimborso riguarda un versamento IVA dichiarato illegittimo in un secondo momento. Il contribuente ha provato a far notare che la richiesta si legata ad un contrasto della normativa italiana con il regime IVA europeo sulla base di una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2006. Siccome in quell’occasione erano stati fissati dei nuovi paletti rispetto all’esclusione di alcuni beni dal regime di detrazione IVA, l’impresa ha pensato che per l’istanza di rimborso IVA si fossero riaperti i termini.
La Cassazione ha ribadito che una sentenza comunitaria pur avendo come scopo l’armonizzazione dei regimi IVA non puಠcomunque agire sui termini di rimborso già scaduti a prescindere dal merito. Ci sono soltanto due casi in cui il limite biennale èvalicato e per chiedere il rimborso ci sono 10 anni di tempo:
- quando il rimborso IVA èstato chiesto in dichiarazione dei redditi senza inoltro di una successiva domanda,
- quando avviene la cessazione dell’attività della società .