àˆ da notare subito una prima novità : con le nuove regole, gli enti non commerciali (associazioni, fondazioni ecc.) sono sempre considerati soggetti passivi, anche quando acquistano servizi per finalità istituzionali, purchè identificati ai fini IVA.
La direttiva comunitaria stabilisce quanto segue: se il cliente èsoggetto passivo, il servizio èda considerarsi prestato nel luogo di domicilio del cliente stesso; se invece èun privato consumatore, il luogo della prestazione èil domicilio del fornitore. Percià², l’avvocato che esegue una consulenza all’imprenditore francese Tizio e al privato cittadino tedesco Caio considererà fuori campo IVA la prima prestazione e imponibile la seconda.
Emetterà fattura in entrambi i casi: ma la prima non avrà addebito di IVA e dovrà recare una dicitura che, riportando l’esatta norma di legge (che il Governo, in realtà , deve ancora emanare), specifichi che l’operazione è“esclusa†o “fuori campoâ€, che dir si voglia; la seconda sarà invece una fattura tradizionale con ordinario addebito di IVA.
Cosa succede, invece, al soggetto passivo italiano che riceve un servizio da un prestatore domiciliato in altra nazione comunitaria? Riceverà una fattura (con dicitura di esclusione) dalla controparte e dovrà emettere, in unica copia, un proprio documento in cui all’imponibile corrisposto al fornitore aggiungerà l’IVA secondo le regole italiane.
Procederà , cioà¨, all’autofatturazione secondo la logica del reverse-charge, il meccanismo dell’inversione contabile già consolidato per altre tipologie di operazioni e che si èrivelato utile anche contro l’evasione fiscale.
L’autofattura sarà registrata tanto fra gli acquisti quanto fra le cessioni, affinchè l’IVA sull’operazione appaia contemporaneamente a credito e a debito e quindi risulti neutrale.