L’Agenzia delle Entrate puಠcontestare maggiori ricavi, rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, sulla base dei dati forniti dall’utilizzo delle carte di credito e bancomat. Lo ha definito la Corte di Cassazione in una recente sentenza. Si tratta della sentenza 13494 del 1° luglio 2015, che ha statuito che “la discordanza tra le somme riscosse dalla contribuente tramite carta di credito e p.o.s. ed i ricavi risultanti dalle scritture contabili dichiarati dalla società †integra, senz’altro, una presunzione legale di maggiori ricavi.
In pratica utilizzando i dati che arrivano dalla banca in merito all’uso del bancomat, si puಠricostruire la storia contabile di un contribuente o di un titolare di una piccola impresa. L’Agenzia delle Entrate contestava a una società ricavi non contabilizzati e costi non deducibili, determinando un maggior reddito imponibile ai fini Irpeg, Iva e Irap per l’anno 2002. La società ricorreva alla Commissione provinciale tributaria chiedendo l’annullamento dell’atto.
La Ctp accoglieva solo parzialmente il ricorso della contribuente.
L’Agenzia delle Entrate, in via principale, e la contribuente, in via incidentale, proponevano appello alla Commissione tributaria regionale che, in accoglimento dell’appello incidentale della seconda, annullava integralmente l’avviso di accertamento. La Ctr, in particolare, affermava che l’ufficio “non aveva assolto all’onere di provare i (presunti) maggiori ricavi, fondati sulla discordanza tra ricavi dichiarati e quelli risultanti dalle operazioni attive derivanti dall’utilizzo di carte di credito o bancomat e documentate dagli scontrini emessi dall’apposito apparecchioâ€.
Questo èquanto riportato sul sito di FiscoOggi che specifica
“la discordanza tra le somme riscosse dalla contribuente tramite carta di credito e p.o.s. ed i ricavi risultanti dalle scritture contabili dichiarati dalla società †integra senz’altro una presunzione legale di maggiori ricavi.