La Corte di Cassazione èintervenuta ancora una volta sul concetto di autonoma organizzazione e sulla relativa esenzione dall’IRAP per i contribuenti e per i professionisti. L’autonoma organizzazione, ribadiscono i porporati, èil presupposto impositivo dell’IRAP.Â
La situazione delle imprese ècambiata in Italia e nel resto del mondo. Anche da noi proliferano le forme di coworking che garantiscono un risparmio dei costi grazie alla condivisione di spazi, servizi amministrativi e personale. Se perಠla condivisione di questi “strumenti” non comporta che ci sia l’autonoma organizzazione dei professionisti, non bisogna pagare l’IRAP.
Il caso analizzato dalla Corte di Cassazione, che fa capire bene l’argomento, èquello di un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale che fa parte di un’associazione che mette a disposizione dei professionisti che vi operano sia l’attrezzatura che il personale. L’associazione perಠnon prevede che si sia la sostituzione tra gli associati nell’assistenza alla rispettiva clientela e quindi l’associazione serve soltanto per l’uso comune di sedi, attrezzature mediche e personale amministrativo. In questo caso ogni soggetto, ogni medico, svolge in autonomia la propria attività , traendone interamente il reddito corrispondente, senza alcuna partecipazione al reddito che deriva dall’attività degli altri.
In questo caso ਠprevista l’esenzione dall’IRAP perchè non sussiste il principio di autonoma organizzazione.
Diverso èil caso il cui il contribuente faccia parte di uno studio associato per il quale generalmente vale il principio di autonoma organizzazione e per questo non èpossibile l’esenzione dall’IRAP. La giurisprudenza a riguardo ha analizzato tanti casi specifici tra cui quello in cui il contribuente èresponsabile dell’organizzazione, quello in cui c”èl’impiego di beni strumentali, quello in cui ci si avvale di lavoro altrui in modo non occasionale.