I commercialisti hanno chiesto al Governo di evitare che le partite IVA siano penalizzate a livello fiscale e hanno chiesto quindi che sia ripristinato il vecchio Regime dei Minimi invece che avviare il forfetario. Ecco quali sono i dubbi di coloro che offrono assistenza fiscale agli autonomi e ai professionisti.Â
L’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili ha fatto le pulci alla riforma del regime dei minimi chiedendo poi al Governo di ripristinare il vecchio regime, tornando all’imposta al 5% e stabilendo il tetto dei ricavi a 30.000 euro. Un intervento, quello richiesto dai commercialisti, che non puಠtardare ma deve essere considerato correttivo della legge di Stabilità . Qual èl’obiettivo di questa richiesta? Evitare che le partite IVA siano penalizzate dal regime forfetario.
La riforma del regime dei minimi, infatti, ha portato l’imposta sostitutiva al 15% (e non pi๠al 5%) per tutti coloro che hanno ricavi fino a 15 mila euro. Precedentemente oltre all’imposta al 5% c’era il tetto massimo di 30.000 euro. Nello specifico la richiesta dei commercialisti al Governo puಠessere riassunta in 5 punti:
- ripristinare l’imposta sostitutiva al 5%,
- uniformare il limite dei ricavi e dei compensi percepibili ai fini dell’accesso e della permanenza nel regime, in base ai codici ATECO, quindi tenendo conto del settore di attività ,
- riportare il limite reddituale ad un valore che non èinferiore a 30.000 euro,
- ridurre le percentuali di redditività uniformandole per tutti i settori di attività ,
- ripristinare l’aliquota per gli iscritti alla Gestione Separata INPS senza altra copertura previdenziale al 27,72% e non al 30,72% come prevede la nuova normativa.
Il Governo, in prima battuta sordo alle richieste specifiche degli autonomi, dei professionisti e dei loro rappresentanti, adesso ha dimostrato di voler intervenire sulla riforma dei minimi e dovrebbe farlo entro febbraio.