Il punto di partenza èdato dalla tassazione per i soggetti IRPEF delle plusvalenze sui terreni e sulle partecipazioni non quotate in Borsa o negli altri mercati regolamentati.
Occorre una premessa: quando un contribuente rivende a terzi un terreno di sua proprietà oppure partecipazioni azionarie, la differenza fra il corrispettivo incassato e il costo sostenuto a suo tempo (aumentato delle spese intervenute nel frattempo che ne avessero incrementato il valore) costituisce una plusvalenza, o una minusvalenza, se il valore ènegativo.
Vediamone la tassazione, soffermandoci solo sulle regole previste per i soggetti potenzialmente interessati alla rivalutazione.
Per i terreni agricoli, la plusvalenza ètassabile se il proprietario lo rivende entro cinque anni, e purchè il bene non sia giunto per donazione o successione; nei terreni edificabili, invece, la plusvalenza èsempre tassabile, senza condizioni.
Si puಠscegliere se sommare la plusvalenza con gli altri redditi del periodo d’imposta in cui essa èconseguita, o sottoporla ad imposta sostitutiva del 20% da versare nel momento stesso in cui si stipula l’atto notarile.
Le plusvalenze sulle azioni non quotate, invece, sono sottoposte a tassazione sostitutiva del 12,5%.
Ora, èvidente che quanto pi๠èridotta la plusvalenza, tanto minore sarà la tassazione subita. Rivalutare terreni e partecipazioni significa aggiornare il loro valore, rispetto al costo d’origine, e in questo modo porre le condizioni per conseguire a suo tempo una plusvalenza tassabile pi๠modesta. In cambio, perà², occorrerà versare un’imposta sostitutiva.