L’articolo 21 della legge IVA stabilisce il contenuto minimo: si tratta cioèdegli elementi che obbligatoriamente devono comparire sempre nella fattura. Oltre a questi dati, perà², l’emittente puಠinserire liberamente ogni altro elemento che desideri: i loghi aziendali, i messaggi pubblicitari, il numero di fax, le scadenze di pagamento ecc.
La stessa libertà riguarda anche il formato della fattura, se cartacea: non ha nessuna importanza se si preferisce ricorrere a moduli prestampati o creati dallo stesso emittente, nè se si ricorre al formato A4 o ad uno meno comune.
In teoria, persino un pezzetto di carta strappato da un libro puಠservire da substrato della fattura: quello che conta, si ripete, èche sia presente il contenuto minimo prescritto dall’articolo 21.
Prima di descrivere questo fantomatico “contenuto minimoâ€, comunque, èbene precisare che qualunque documento che presenta questi elementi costituisce “fatturaâ€.
L’articolo 21 lo dice esplicitamente: che lo si definisca “parcellaâ€, “contoâ€, “notaâ€, “bolletta†o in qualsiasi altro modo, un documento che presenta il contenuto minimo èa tutti gli effetti una fattura, con tutte le conseguenze di legge che ne derivano, senza eccezioni.
In particolare, fra i professionisti esiste la pratica di emettere la parcella solo al momento del pagamento del corrispettivo (come la legge consente), ma di farla tuttavia precedere da una “notulaâ€, o “avviso di parcella†che dir si voglia, per informare il cliente dell’ammontare del suo debito.
à‰ bene che il professionista la rediga in maniera il pi๠possibile sintetica, perchè se invece inserisse il famoso “contenuto minimoâ€, allora egli avrebbe emesso un’autentica fattura, senza nessuna possibilità di spiegare che la vera parcella deve ancora arrivare.