Quando si decide di mettersi in proprio èsempre necessario scegliere tra l’essere lavoratori autonomi e il diventare una ditta individuale. Cosa deve regolare la scelta? In genere il tipo di lavoro che si andrà a fare e il profilo fiscale che comporta onori ed oneri.Â
Se si apre la partita IVA per necessità ma non si èprofessionisti iscritti ad alcun albo, allora si parla generalmente di lavoratori autonomi che fatturano in monocommittenza e non costituiscono un’impresa. Di conseguenza, tanto per essere chiari su un punto, non devono pagare il “minimo” di contributi previdenziali ma devono pagare in proporzione al fatturato, anche quando questo fosse di appena 10.000 euro.
Le definizioni di lavoro autonomo  e ditta individuale sono le seguenti.
Lavoro autonomo
Si puಠdefinire lavoratore autonomo chi si obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un’opera o servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, nè potere di coordinamento del committente. I lavoratori autonomi hanno completa autonomia circa i tempi e le modalità di esecuzione del lavoro e sono iscritti alla Gestione Separata INPS nel caso conseguano redditi fiscalmente imponibili superiori a 5.000 euro nell’anno solare (somma di compensi da tutti i committenti occasionali). Questo tipo di partita IVA non comporta l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Ditta individuale
Per avviare un’impresa si puಠaprire una ditta individuale: èla pi๠facile da aprire dal punto di vista burocratico e la meno onerosa dal punto di vista economico. L’unica figura riconosciuta èquella dell’imprenditore: responsabile della gestione, assume in nome proprio le obbligazioni derivanti dall’attività e partecipa al rischio d’impresa con il patrimonio personale. La costituzione avviene tramite apertura della Partita IVA e iscrizione, entro trenta giorni, presso il Registro delle Imprese della Camera di Commercio della provincia in cui èfissata la sede legale. L’imprenditore puಠavvalersi della collaborazione di personale dipendente.