In realtà la scelta fra le due ipotesi non èindifferente: le conseguenze sono diverse, e inoltre non sempre entrambe le strade sono percorribili.
Innanzitutto, infatti, la regolarizzazione èpossibile soltanto se i beni sono detenuti in un altro dei ventisei Paesi aderenti all’Unione Europea, oppure in uno Stato extracomunitario con il quale, tuttavia, esistono sufficienti interscambi di informazioni finanziarie e, in generale, vi èuno spirito di collaborazione, cosicchè le nostre autorità potrebbero in ogni momento chiedere l’aiuto in eventuali indagini alle istituzioni locali; èstato chiarito che i Paesi extracomunitari interessati sono l’Australia, il Canada, la Corea del Sud, il Giappone, l’Islanda, il Messico, la Norvegia, la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti e la Turchia.
Se i beni sono detenuti al di fuori di questi territori, l’unica strada percorribile èil rimpatrio. Va precisato che, nel caso di imbarcazioni, lo Stato interessato non èquello dove fisicamente èormeggiato il natante bensଠquello nei cui registri navali il bene èiscritto.
In merito, invece, alla diversità di conseguenze, si segnala che con la regolarizzazione (per motivi tecnici) si paga qualcosa di pi๠e, soprattutto, occorre uscire dall’anonimato e farsi avanti presso l’Amministrazione Finanziaria con apposite dichiarazioni, che necessariamente renderanno il dichiarante un “sorvegliato speciale†per gli anni a venire.
Fra i benefici, invece, la regolarizzazione ècerto la strada pi๠funzionale per chi, anche in futuro, intenderà operare all’estero.