Il problema riguarda l’ipotesi in cui il cittadino contrae un prestito con un finanziatore per pagare l’acquisto di un bene o di un servizio da parte di un fornitore. Si tratta di due contratti distinti, con contraenti differenti: pertanto, in linea di principio, qualunque evento possa perturbare il rapporto principale non ha conseguenze nei confronti del contratto creditizio.
Ciಠsignifica che se il fornitore èinadempiente e non consegna il bene o il servizio promesso, o comunque viene meno in qualche modo ai suoi doveri e il cliente agisce nei suoi confronti giudizialmente per ottenere la prestazione coattivamente od ottenere la risoluzione del contratto, tutto questo non impedisce al finanziamento di proseguire il suo percorso: il finanziatore potrà dunque continuare a pretendere le rate con tanto di interessi e commissioni.
Cià², come detto, almeno in linea di principio. Nel 1992, in realtà , il legislatore consentଠuna soluzione meno gravosa per il consumatore: era possibile ottenere l’annullamento del contratto di finanziamento (con conseguente rimborso di tutte le somme già versate) in presenza di due condizioni: la messa in mora del fornitore e l’esistenza di un accordo di esclusiva fra lo stesso e il finanziatore.
Questo secondo requisito si èrivelato perಠdifficilissimo da dimostrare: come provare, anche ammesso che fosse vero, che il finanziatore aveva l’esclusiva per la concessione di crediti ai clienti del fornitore?
Ecco, quindi, la recentissima modifica normativa: scompare il requisito dell’esclusiva, e per l’annullamento del finanziamento èora richiesta solo la messa in mora del fornitore per inadempienze, purchè non di scarsa importanza.
Fonte: Il Sole 24 Ore