Si tratta di una versione parzialmente riveduta del famoso “scudo fiscaleâ€, già in vigore nel 2001. In sostanza, la finalità èquella di riportare in Italia patrimoni finanziari detenuti in Paesi extracomunitari e non dichiarati al Fisco considerati paradisi fiscali: com’ noto, infatti, le esportazioni di capitali al di fuori dei nostri confini oltre la soglia di diecimila euro annui deve essere denunciata in dichiarazione dei redditi.
La regolarizzazione sarà possibile solo nel periodo 15 settembre 2009 – 15 aprile 2010, riportando i capitali in Italia e presentando una denuncia apposita: l’Agenzia delle Entrate dovrà dunque mettersi all’opera per predisporre il modello.
Sarà inoltre necessario versare un’imposta pari al 5% dei capitali in rientro; tali importi, tuttavia, devono essere rivalutati forfetariamente del 2% annuo per cinque anni, a titolo di rendimento presunto sugli investimenti all’estero.
La regolarizzazione ha valenza puramente fiscale (fra l’altro, a favore degli aderenti sono esclusi accertamenti per due anni): eventuali violazioni della legge antiriciclaggio o di altre fattispecie di natura penale resteranno fuori da ogni sanatoria.
I capitali interessati devono essere stati espatriati a suo tempo non oltre la data del 31 dicembre 2008.
Rispetto alla precedente versione dello scudo fiscale, le differenze principali risiedono nell’aliquota della “una tantum†(all’epoca era del 2,5%) e nell’obbligo di rientro dei capitali: nel 2001 era infatti sufficiente denunciarli, senza necessariamente riportarli in patria.