In realtà , si tratta del capitolo di gran lunga pi๠importante: “pesa†per circa tredici miliardi di euro, rappresentando da solo oltre la metà del valore complessivo della manovra.
Il tema interessa indirettamente le imprese e i lavoratori: com’ evidente, a fronte di sforbiciate poderose sulle loro entrate, le amministrazioni interessate dovranno ridurre in misura significativa le voci di uscita.
Prevedibile, dunque, un doloroso colpo di mannaia a gare di appalto, assunzioni di nuovo personale, contributi ad enti e associazioni sportive e culturali, agevolazioni fiscali alle imprese. Non si puà², comunque, escludere a priori il ricorso ad un impopolare ma probabilmente inevitabile aumento dei tributi locali.
La riduzione coinvolgerà principalmente le Regioni, ma anche Comuni e Province dovranno fare la loro parte. In ogni caso, èprevista una revisione completa del patto interno di stabilità , da approvare nei prossimi mesi: la situazione di partenza vede enti virtuosi con un surplus di bilancio contrapporsi ad enti viziosi che gestiscono le proprie casse in modo molto disinvolto.
Anche in chiave federalista, l’idea di base èche ogni ente dovrà imparare a cavarsela da sè, senza contare come prima su risorse nazionali per tappare i propri buchi.
Rimane, invece, l’interrogativo sull’annunciata e poi smentita riduzione delle province italiane. Secondo quanto circolato nei giorni scorsi, avrebbero dovuto scomparire le province con popolazione inferiore a duecentoventimila abitanti, purchè non situate lungo i valichi di confine oppure nelle Regioni a statuto speciale: dunque una decina, fra cui alcune province di lunga tradizione come Ascoli Piceno, Massa-Carrara, Matera, Rieti e Vercelli.
Tutto, perà², pare oggi rimandato ad un futuro e generale riassetto degli enti locali.