In effetti, oggi non esiste nessuna possibilità di varare contratti collettivi con efficacia “erga omnesâ€.
In linea di massima, gli esperti di diritto ritengono che, iscrivendosi ad un’organizzazione sindacale, l’imprenditore o lavoratore dà mandato alla stessa di contrattare in sua vece le condizioni generali del rapporto di lavoro dipendente, secondo un rapporto assimilabile a quello di rappresentanza.
Ma il guaio sorge considerando sia che in Italia di sindacati ce ne sono decine e decine, sia che moltissimi soggetti interessati non sono iscritti ad alcun sindacato, e d’altronde nessuno li obbliga.
Se dunque, poniamo, un accordo fra la Cgil e Confesercenti produrrà effetti immediati verso gli iscritti nei due sindacati, èvidente che nessun effetto si potrà produrre giuridicamente, per esempio, verso un iscritto alla Uil.
Come superare l’impasse ed evitare clausole diverse fra i dipendenti a seconda del sindacato di appartenenza? Innanzitutto, normalmente si cerca di far firmare gli accordi sindacali a quante pi๠sigle possibili.
Ma la vera soluzione èun’altra: la prassi. Per evidenti motivi di praticità e di pax sociale, ogni imprenditore tende a far firmare ai propri dipendenti con la stessa mansione dei contratti di lavoro del tutto uguali fra loro, che ricalcano quanto concordato in sede sindacale.
In questo modo, di fatto, si ottiene che i contratti collettivi abbiano un effetto erga omnes, sia pure per via indiretta e senza che, in ogni caso, niente vieti che a chi non aderisce ad un sindacato che ha firmato il contratto collettivo si applichino condizioni differenziate.