Nei contratti di lavoro, perà², il legislatore ha tenuto conto del fatto che la realtà di ogni ambiente lavorativo èprofondamente dinamica, suscettibile di variazioni di grande impatto anche da un giorno all’altro.
Proprio per semplificare la vita degli imprenditori, la legge ha riconosciuto ai datori di lavoro un potere particolare di cui al contrario i lavoratori non dispongono: lo jus variandi, secondo l’antica dizione del diritto romano.
In sostanza, èil diritto riconosciuto al datore di lavoro di apportare unilateralmente delle modifiche al rapporto di lavoro successivamente alla stipulazione del contratto, a fronte di sopravvenute esigenze della realtà aziendale, in merito all’oggetto delle prestazioni.
à‰ per questo motivo, percià², che il datore puಠspostare qualunque lavoratore ad altra mansione, o magari in un altro ufficio, senza che il lavoratore possa opporsi.
Per evitare perಠche il datore sia dotato di un potere teoricamente senza limiti, il legislatore ha fissato dei paletti inderogabili sui quali lo jus variandi non èin grado di prevalere.
In particolare, èstabilito che il lavoratore non puಠessere adibito a mansioni rientranti in una qualifica funzionale inferiore a quella di appartenenza (ad un lavoratore di settimo grado non si potrà imporre di svolgere un ruolo tipico di un appartenente del secondo grado, se non in caso di emergenza puramente occasionale), e se al contrario èadibito ad una mansione superiore ha diritto alla retribuzione corrispondente.
Ma non basta: se lo spostamento dura oltre tre mesi, allora la promozione al grado superiore diventa definitiva.