Tuttavia, nell’ipotesi di un contratto di lavoro, il legislatore ha voluto porre dei correttivi a questa regola generale, a tutela della parte debole del contratto, ossia il lavoratore dipendente.
L’art. 2126 del Codice Civile, pertanto, stabilisce che la dichiarazione di nullità non pregiudica i diritti acquisiti dal lavoratore fino al momento in cui tale nullità viene accertata dal giudice. Questo significa che egli ha comunque diritto alla retribuzione e agli altri diritti maturati (indennità , TFR ecc.), e questo nonostante il rapporto di lavoro, in teoria, ècome se non fosse mai esistito.
Ciಠnon si verifica, perà², quando la causa della nullità èdata dall’illiceità dell’oggetto o della causa del contratto medesimo: se, per fare un esempio paradossale ma assolutamente calzante, si parlasse del contratto con cui un sicario si incarica di assassinare qualcuno, il contratto non avrebbe alcun valore giuridico (per evidente illiceità dell’oggetto) e il sicario non potrebbe certo pretendere dal giudice che il suo mandante lo paghi ugualmente.
C’ perಠun ulteriore caso: quello in cui la nullità dipende dalla violazione di norme poste a tutela del lavoratore stesso: per esempio, egli ha meno di sedici anni (età minima per stipulare un contratto di lavoro).
In tal caso, il contratto ènullo, ma poichè l’illiceità consiste nella violazione di una norma posta a tutela del lavoratore stesso (per evitare il triste fenomeno dei lavoratori-bambini), egli potrà comunque pretendere la retribuzione maturata fino a quel momento.